Fiore all'occhiello

L'occhiello. Oggi si arriva a chedersi a che cosa serva, quell'asola, lì, sul risvolto della giacca. Il più delle volte è chiuso; le poche volte che è aperto, i più inesperti cercano un bottone dietro all'altro risvolto, e, delusi dal non trovarlo, si accontentano di infilarci una piccola spilla, che il più delle volte provoca un fastidioso sberluccichìo negli occhi del passante. Sappiamo invece che, da asola per chiudere le antiche giubbe ottocentesche fino al collo, è diventato un ornamento necessario specialmente per il dandy, che non lo vuole vedere inviolato, e provvede subitamente infilandoci il gambo di qualche fiore, possibilmente raro, ma principalmente attraente.

E' straordinaria la fioritura degli occhielli fin-de-siécle: dall'orchidea di Montesquiou al garofano verde di Oscar Wilde. La gardenia di Jean Cocteau arrivava ogni mattina da Londra, per poi fiorire nell'occhiello del giovane poeta. Ma con gli orrori della prima guerra, i petali erano appassiti rapidamente, liquidando ogni sfarzo troppo evidente. Nel turbinio degli anni Venti i fiori erano dinuovo sbocciati sulle giacche dei dandies, ma avevano perso la loro naturalezza.

All'occhiello di Max Beerbohm, l'ultimo dandy, "fioriva impercettibilmente, talvolta, un anonimo fiorellino, candido come un bucaneve nella gelata della funzionalità moderna", (G. Scaraffia, "gli ultimi dandies").

Il fiore all'occhiello del dandy simboleggia il suo amore per il decorativo; se la decorazione è data poi dall'odiata natura, è da privilegiare. Solo la natura al servizio dell'uomo è ammissibile; i paesaggi di Annibale Carracci (1560-1609), idealizzati, sono inconsapevolmente il prototipo della sola natura artistica: bella e maestosa, ma calibrata, studiata, abbellita, armonizzata da una lieve modifica umana, se non dalla presenza di un'opera dell'uomo stesso.

Ma simboleggia anche l'idea che ha il dandy della vita: bella e profumata, ma allo stesso tempo terribile e odiosa; il fiore è anche interpretato come la rappresentazione 'naturale' del dandy: nasce dalla terra, dal fango, ma poi si innalza verso l'alto, bellissimo ma delicato. Il fiore all'occhiello del dandy è la vita tramutata in decorazione.

Joris-Karl Huysmans descrive così i fiori creati da Des Esseintes, unico protagonista del decadente romanzo "Controcorrente" (1884), che si diletta in floricultura, ma esclusivamente per fini estetici, un estetismo portato alle sue più estreme conseguenze: "[...] altri ancora , come l'Aurora Boreale, esibivano una foglia color carne cruda, striata di nervature purpuree, di fibrille violacee, una foglia tumefatta, che trasudava vinaccio scuro e sangue. [...] I giardinieri portarono ancora altre varietà; e queste ostentavano un'apparenza di pelle artificiale solcata da finte vene; la maggior parte, come corrose dalla sifilide a dalla lebbra, tendevano delle carni livide, marmorizzate di roseole, damascate di erpeti; altre avevano la tonalità rosa vivo delle cicatrici che si rimarginano, o la tinta bruna delle croste che si formano; altre erano coperte di bolle, gonfiate da scottature; altre ancora mostravano epidermidi pelose, scavate da ulcere e tumefatte da cancri; [...] Des Esseintes esultava. [...] Scaricavano una nuova infornata di mostri; delle Echinopsis, che facevano spuntare da batuffoli d'ovatta fiori di un rosa ignobile da moncherino; dei Nidularium, che aprivano, tra le lame di sciabola, deretani scorticati e squarciati; [...]". Huysmans prolunga queste superbe descrizioni per quasi quattro pagine, senza fermarsi, facendo assaporare al lettore l'orrore e l'estasi di Des Esseintes, e suscitandogli un sentimento egualmente magnifico. Fiori mostruosi, poi fiori simiglianti a pezzi di ferramenta (lo sbeffeggiamento totale verso la natura: far assumere ad essa la forma di un prodotto umano), infine bieche piante carnivore; e, come mostruosità finale, l'assenza di odore di tutti quei fiori, quasi a voler privare la natura anche della sua ultima bellezza. Non più selvaggia, ma sotto il totale controllo umano.